L’intervento al Festival di Internazionale a Ferrara
La fila fuori al Teatro Comunale di Ferrara, una delle sedi del Festival di Internazionale, non ha una coda visibile, qualcuno resta fuori. Nel teatro si concentra l’emozione, dai palchetti pendono bandiere della Palestina e Keffieh e quando arriva Francesca Albanese l’applauso dura due minuti. E non sarà l’unico.
L’intervento della relatrice speciali delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori palestinesi è caratterizzato da lucidità, padronanza della complessità delle questioni e spessore umano. Elementi che latitano nel dibattito pubblico e appartengono a chi mette la propria professionalità e la propria vita a servizio dell’altro.
Lo abbiamo riassunto in dieci punti, con l’idea che possano contribuire alla formazione di anticorpi contro ogni forma di distorsione dialettica e fornire un insieme di strumenti per proseguire nella costruzione di forme di attivismo inarrestabili.
I dieci punti lucidi su Gaza di Francesca Albanese:
• Da due anni la mia vita è scandita dalla conta dei morti. E nonostante, mi senta onorata ad essere accanto al popolo palestinese, io sto semplicemente svolgendo un lavoro: è il mio mandato.
• Condanno fermamente il 7 Ottobre, un giorno drammatico della storia. Ma la terra non è piatta e chi non ha argomenti dovrebbe tacere.
• Molti israeliani stanno combattendo al fianco del popolo palestinese e non vanno invisibilizzati.
• Quando anni fa ho vissuto in Palestina e da quell’esperienza è nato il mio ultimo libro “Quando il mondo dorme”, ho dovuto riconoscere l’apartheid e la legge dell’oppressione, ma la Palestina mi ha offerto anche delle lenti per guardare il mondo. Sumud è una bellissima parola, che si traduce con resilienza e la Palestina è una terra florida anche in tempo di morte, ma si traduce anche con la capacità di adattarsi come la ginestra leopardiana. La speranza della Palestina è la disciplina per continuare a muoversi verso un punto di luce.
• Oggi nel mondo ci sono tante lucciole, che si sono riunite grazie anche alla Global Sumud Flotilla e stanno finalmente illuminando di speranza questo spazio pubblico. Questa missione, che coinvolge più di quaranta paesi ci ha riportato tutti ad un punto di umanità e solidarietà. La gente che scende in piazza non sta protestando, sta dimostrando la propria umanità. Soprattutto sta lanciando un messaggio molto chiaro: tutto quello che sta succedendo e succederà al popolo palestinese e ogni azione dei governi è sotto osservazione.
• Lo Stato Italiano é inadempiente rispetto ai propri obblighi internazionali, l’obbligo di prevenzione al genocidio ad esempio: non trasmettere armi ad uno stato che possa commettere crimini di guerra e Israele già commetteva da anni crimini di guerra. E noi un altro genocidio, assieme ai nostri cugini tedeschi non ce lo possiamo permettere. I governi interrompessero ora il commercio di armi e inviassero aiuti umanitari.
• Il mio ultimo rapporto « From Economy of occupation to the economy of genocide » svela che i centri di potere sono trasversali, non sono gli stati, ma le multinazionali: capitali algoritmi e armi. Siamo in un sistema economico in cui siamo interconnessi e le cui redini appartengono agli Stati Uniti. La Palestina é la scena del crimine che ha le nostre impronte, le impronte di tutti: conti in banca, prodotti di consumo, farmaci. Oggi non abbiamo alternative: dobbiamo capire che stiamo finanziando con le nostre scelte se non vogliamo essere complici.
• Immaginavo le sanzioni degli Stati Uniti, ma non ci volevo credere. Sono andata avanti perché di fronte al popolo palestinese non potevo permettermi l’incoerenza.
• Le guerre si vedono sul corpo delle donne, i genocidi sul corpo dei bambini. Unchildhood è un termine inglese che esprime bene il concetto dell’essere privati della leggerezza dell’infanzia. Non c’è un bambino palestinese che non abbia incontrato la morte.
• La questione palestinese è una questione femminista: lottare contro il patriarcato significa lottare contro il maschio alfa, un potere testosteronico che infantilizza l’altro, lo domina. Basti osservare come sono stati trattati gli attivisti della Flotilla, ricattati, minacciati, manipolati. È ora di spezzare le catene. Se non ora, al tempo del genocidio, quando?
Dal pubblico, una donna si alza e si dichiara una femminista guastafeste. “Non sei sola” risponde Albanese con spontaneità ed autoironia, tra le risate in sala.Poi parte la domanda “Se lei fosse stata un uomo l’avrebbero presa così di mira o sarebbe cambiato qualcosa?”
“Forse sarebbe cambiato qualcosa, sicuramente l’aggressività e l’accanimento, c’è sempre quel discorso che spinge ad infantilizzare. Ma non perdiamo le energie, non ci interessano i commenti dei minions dall’ego fragile, abbiamo tante cose da fare, è l’ora di impegnarci concretamente. È un esercizio di etica quello che la Palestina ci sta offrendo.”
Il pubblico si alza in piedi e applaude. L’applauso è così lungo che Albanese è costretta a lasciare la sala per interromperlo.

Illustrazione di Giorgia D’Emilio