“Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.” Un avvertimento, un mantra, un costume del quale è difficile spogliarsi; che sia per feedback negativi o per esperienze altrui, la diffidenza sembra sempre la maniera più efficace di relazionarsi. Ma è davvero così?

Numerosi studi di ricerca in ambito economico dimostrano che il grado di fiducia all’interno di una società è correlato alla crescita economica di lungo periodo. Cito l’esempio riportato da Christian Bjørnskov nel suo paper “Social Trust and Economic Growth” inerente lo studio di Putnam (1993) : “le differenze a livello governativo e di benessere economico tra Nord e Sud Italia sembrano essere dovute a diverse variabili tra cui la mancanza di fiducia sociale.

Anche l’esperienza di Muhammad Yunus in Bangladesh conferma la rilevanza della fiducia come collante per la crescita di una società. Yunus, professore universitario di economia rientra nel suo paese d’origine nel 1972 dopo un periodo di collaborazioni negli Stati Uniti. Un paio d’anni dopo, nel 74′, inizia una terribile carestia che piega la popolazione: milioni di abitanti non erano più in grado di sfamarsi. “La povertà mi circondava e non avevo modo di far finta di non vederla” scrive Yunus nel libro che racconta la sua esperienza, “Un mondo senza povertà”.

Constatando i limiti delle teorie economiche che insegnava nelle aule universitarie, mentre fuori la morte e la miseria erano dilaganti, Yunus inizia a muoversi al di fuori dell’università e a cercare un contatto e un confronto con gli abitanti dei villaggi. Nonostante gli enormi sforzi produttivi, l’usura alla quale erano sottoposti per ottenere l’accesso al credito, li induceva a vivere in una condizione di schiavitù e mera sopravvivenza.

Per combattere questa condizione era necessario che i prestiti fossero elargiti a condizioni ragionevoli, e su questo piano iniziò l’azione di Yunus, che bussando porta per porta alle istituzioni bancarie si rese conto che nessuno era disposto a fare prestiti a persone prive di garanzie reali. Dopo numerose porte in faccia, decise di divenire egli stesso garante del prestito e con le prime sperimentazioni si rese conto che, nonostante si trattasse di soggetti ritenuti “non bancabili”, i prestiti venivano restituiti puntualmente da chi li riceveva. Da queste esperienze nacque un lungo lavoro sul territorio che diede origine alla Grameen Bank, la banca dei poveri. https://grameenbank.org/

Muhammad Yunus, ritratto di Mario Garofalo

La Grameen Bank era molto piccola quando nacque, e crebbe lentamente. Ad essere dirompente era il salto concettuale che rappresentava. Fino ad allora ogni struttura finanziaria si sarebbe chiesta “E’ prudente fare prestiti ai poveri” e la risposta sarebbe stata inevitabilmente: no. In questo modo i poveri erano semplicemente ignorati e messi ai margini del sistema finanziario, come se non esistessero. Io mi invece mi facevo la domanda speculare: “Le banche sono adeguate alle necessità dei poveri?

L’esperienza di Yunus apre gli occhi su un concetto fondamentale: al di là della garanzie reali, esistono altre valide garanzie, quelle relazionali, quelle che ti consentono di individuare le capacità di un individuo e di favorirle , oltre ogni etichetta. Inevitabilmente il settore finanziario vive di restrizioni, della necessità di parametri entro cui inquadrare chi richiede un prestito, per ridurre il rischio finanziario dell’operazione. Le garanzie aumentano la possibilità di restituzione del capitale.

L’altro rischio però è quello di alimentare un sistema inerte e ignavo difronte ad una società che si sgretola in preda a gravi disuguaglianze. Sembra che mettere in discussione dei sistema prestabiliti sia sempre più difficile che sopportare la vista della povertà e della sofferenza sui marciapiedi, nelle periferie, nelle terre che scegliamo come mete di viaggio, ma anche semplicemente sui giornali e sui social .

Consentire l’accesso al credito a coloro che vivono in condizioni di povertà ed emarginazione, significa alimentare un processo democratico: la partecipazione alla società civile passa inevitabilmente per il benessere economico. Vivere una condizione dignitosa è necessario per avere accesso ad opportunità e a forme di libertà, diversamente inaccessibili. I micro finanziamenti rappresentano anche un’ iniezione di liquidità nel sistema produttivo e un potenziamento del mercato del lavoro e la gestione richiesta prevede trasparenza e affidabilità delle parti coinvolte. Il microcredito rappresenta dunque uno strumento di sviluppo sostenibile, ovvero rispetta le quattro dimensioni che lo compongono: economia, ambiente, welfare sociale e governance.

All’interno dell’Unione Europea i micro-finanziamenti sono forniti da istituzioni finanziarie come banche commerciali, banche pubbliche, istituzioni di microfinanza, fondazioni, unioni di crediti, istituti di beneficenza, ONG e altri enti. Attualmente non esiste una procedura univoca nell’erogazione di microcrediti, si è ancora in una grande fase di sperimentazione ed ogni esperienza è modellata dall’istituzione che la eroga in base al contesto in cui il credito viene fornito. I prestiti non superano i 25.000 euro.

“Oggi farsi domande sui soldi, significa farsi domande sulla vita” mi ha detto recentemente Ugo Biggeri, presidente di Etica SGR, in un’intervista che ci ha rilasciato. Io, qualche giorno fa ero in aula scolastica e provavo a fare un po’ di educazione finanziaria. Il sistema che provavo a smuovere era la sfiducia, il disincanto negli occhi e nelle parole di ragazzi più giovani di me. Una lotta verbale, la mia parola contro la loro, contro una percezione della società già definita, immobile e materialista. Quello che ho provato a seminare è che ognuno di noi, esattamente come Yunus, può imparare a farsi le giuste domande e a trovare la strada da percorrere. I soldi sono uno strumento, che sia di prigionia o di libertà, questo lo decidiamo noi imparando a mettere in discussione i parametri che incrociamo nel nostro cammino.

Fonti con cui è stato strutturato questo articolo: “Social Trust and Economic Growth”, Christian Bjørnskov; “Un mondo senza povertà”, Muhammad Yunus; “Microfinance in Europe – a market overview”, Helmut Kraemer-Eis, Alessio Conforti; ” Mitigating regional disparities through microfinancing: An analysis of microcredit as a sustainability tool for territorial development in Italy”, Roberta Arbolinoa, Fabio Carlucci, Andrea Cirà, Tan Yigitcanlar, Giuseppe Ioppolo.

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