Vivere per gli altri non è un’utopia, non è nemmeno la conseguenza di una devozione religiosa, in alcuni casi, come quello di Grazia, è una predisposizione naturale. La leggi nei suoi occhi, nei gesti, tanto quanto nelle sue opere d’arte.
Non le piace parlare, preferisce utilizzare le mani, è dall’infanzia che si esprime creando. “Quando ero bambina e desideravo qualcosa, la disegnavo.” E designava contemporaneamente il tratto più marcato della sua personalità: generare, senza pretendere. Durante la pandemia ha cucito le mascherine a chi ne avesse bisogno.
Durante l’occupazione di Kabul, leggendo l’appello di Shamsia Assiani, attivista e artista afghana, ha sentito di dover realizzare immediatamente qualcosa che le permettesse di sentirsi vicina al dolore delle donne afghane, un gesto che rendesse quel dolore esistente ed evidente anche agli sguardi più distratti. “Mi fa rabbia l’indifferenza, non la capisco. Quello che succede al di là di noi, ci riguarda.”
Le bambole di pezza, realizzate con materiali riciclati, per cui ha ricevuto il premio Actuality durante la seconda edizione della Benebiennale di Benevento, sono esposte nelle vetrine del negozio “Fai da te” in via Mario Fiore, al Vomero.
“Io vorrei che tutti ci sentissimo un’unica cosa, cioè esseri umani. Scusami, forse dico delle banalità, forse sembra il discorso di un bambino, ma io credo che basti poco; se ognuno di noi avesse un po’ più di rispetto per l’altro tutti potremmo vivere meglio, costruire insieme un luogo migliore. “
Tutt’altro che banalità, mi sembra che Grazia pronunci delle piccole verità non accessibili a chiunque. Forse questa è una delle tante funzioni dell’arte, rendere comprensibili, quantomeno all’animo, quei misteri che ci riguardano.
Uno dei primi misteri è la capacità di sentire l’altro, sentirne il dolore, avvertire il peso delle ingiustizie che ci coinvolgono. Casa di Grazia è costellata di opere d’arte che esprimono l’importanza degli altri nelle nostre vite. Soprattutto gli ultimi, i dimenticati, gli emarginati.
Sono una forma di dissenso, mite e dolce, com’è lei, contro l’egoismo, l’apatia, l’indifferenza.
L’arte è il filo conduttore di tutti i suoi percorsi. Si diploma in ceramica presso l’Istituto d’Arte Filippo Palizzi, mentre con l’Accademia di Belle Arti di Napoli si specializza in decorazione.
Nel corso della sua vita lavora in una fabbrica di ceramica, si occupa di restauro e scenografia ed è una delle prime giovanissime artiste a portare a Napoli il trompe-l’œil.
Una delle figure a cui è più legata è quella del Maestro Vittorio Armano dell’associazione ALAN (Liberi Artisti Napoletani). Se n’è andato proprio nei giorni in cui io e Grazia abbiamo iniziato a chiacchierare. Me ne parla con malinconia, voleva andare a trovarlo negli ultimi tempi, ma conosciamo tutti gli effetti più gravi di questa pandemia, l’interruzione delle relazioni.
“Con lui ho messo piede nel mondo dei presepi un paio d’anni fa. L’aspetto più bello della vita è riconoscere che ad un certo momento devi dimenticare tutto quello che hai imparato e con umiltà ascoltare per poter imparare e arricchirsi.”
Quando le chiedo invece quale sia stata la soddisfazione più o importante o il pensiero più bello che le abbiano comunicato in merito alle sue opere mi risponde raccontandomi un aneddoto:
“Quando ero parte del gruppo Artigiani Artisti, con la Confartigianato facevo lezione alle ex detenute. Lì o ti pigliano in antipatia e ti fanno dei dispetti che non hai proprio idea, o ti pigliano in simpatia. Non so perchè ma mi presero in simpatia e mentre gli spiegavo cose fosse il Trompe d’Oeil mi dissero: “Signurì ma ij nun agg capit vuje sit accussì piccerella e facite sti ccose accussì gruosse!” Scoppiai a ridere, fu un bel momento, pieno di vita e partecipazione. “
Questi momenti di vita così pieni sono raccontati in alcune opere. “Ci sono alcune emozioni che ti restano dentro ed è necessario esprimerle.” Ogni colore, ogni simbolo ha un significato specifico e rimanda ad un ricordo personale.
Gli strati di carta velina con cui ha realizzato i quadri, ad esempio sono strati del tempo. Le emozioni che comunica sono piene, quasi soffocanti per la loro intensità, sono fatte di dolori, piccole gioie, sensazioni forti e vitali, quanto malinconiche.
Grazia riesce a trasmetterti tutto ciò che l’ha segnata.
Bipartisce la sua arte in due correnti, quella legata al sociale e quella legata alle emozioni.
Secondo me il filone è unico ed è la sua immensa sensibilità. La sua capacità di sentirsi davvero parte di un tutto, di saperlo proteggere ed elogiare, come in una poesia che scrisse tanti anni fa dedicata alla Natura.
Le opere di Grazia non sono solo opere da contemplare, uno dei principali intenti è quello di trasmettere la partecipazione, renderla fruibile, possibile.
Che si tratti di mangiare del cioccolato amaro per riconoscere il sapore dell’ingiustizia o di lasciare l’impronta della propria mano su parte dell’istallazione, consento al pubblico di sentirsi parte di un’Unica Identità, il titolo che Grazia ha dato ad una serie di opere.
L’opera in sé spesso non può esistere senza il coinvolgimento del pubblico, proprio come una società non può funzionare senza individui consapevoli che le ingiustizia che attraversiamo con indifferenza prima o poi avrà un impatto sulle nostre vite, come nei casi che conosciamo bene, degli sbarchi dei migranti o della Terra dei fuochi.
Grazia pensa all’altro anche nel linguaggio che utilizza, perché i messaggi devono poter arrivare a chiunque.
Le mele, ad esempio, sono un simbolo semplice e riconoscibile. Quando ha realizzato l’installazione ha lanciato un messaggio chiaro “Prendete e mangiatene tutti.” E il pubblico era lì, partecipe, ad assaporare le mele, senza distinzioni o categorie. Tutti insieme a condividere un gesto naturale e comune.
Eppure riconoscere che cosa significhi sfamarsi non è mai stato sufficiente a non generare la fame negli altri. Passano gli anni, ma i mali che divorano il mondo non cambiano, è questo il cruccio più grande di Grazia.
“Scusami se te lo ripeto ancora con parole semplici, ma io mi sento un po’ fuori luogo in questo mondo, questa cosa delle persone che prevalgono le une sulle altre mi fa male. Un mondo diverso non è una fiaba, è una possibilità.”