Ci sono modi d’amare che vengono trasmessi di generazione in generazione. Sono forme d’arte che hanno la prerogativa di illuminare del loro valore intrinseco anche l’oggetto più piccolo, di quelli abbondonati, lasciati in una cantina. Sono amori che non buttano mai via, ma proteggono il valore delle storie dallo scorrere del tempo.
Qualche minuto dopo essere entrata nel cortile di Palazzo Marigliano, sono avvolta da una voce. É una voce femminile, calda, che canta, senza imbarazzo. Proviene dal famoso Ospedale delle Bambole e appartiene ad una bella donna bionda che indossa un camice da dottore. “Mio padre diceva di avere il naso di Pulcinella!” sorride e mi mostra una foto. Si chiama Tiziana Grassi e mi sembra una donna piena di vita. Tiziana ha lo stesso naso, le stesse linee spezzate del naso del padre, ma sul suo volto femminile è assai grazioso. Lei lo mostra con fierezza, come se quel naso contenesse tutta la sua storia.
É una storia che comincia tante domeniche fa quando Tiziana, all’età di otto anni si svegliava all’alba, si vestiva e con determinazioni si opponeva alle preoccupazioni della madre: “Io vado con papà”. Una volta in macchina cominciava l’avventura verso il fossato del Maschio Angioino e l’arte del mercato. I suoi ricordi sono così nitidi che sembra di essere lì, vedere Luigi Grassi che si ferma a San Biagio dei Librai, solleva la saracinesca del negozio, scarica la merce e riparte.
Arrivati a destinazione, comincia l’allestimento. Tiziana ha il suo banchetto, fatto da casse di plastica e rivestito da un drappo su cui sono disposte tante minuterie di antiquariato che deve imparare a rivedere. É lì, con le trecce bionde, a muovere i primi passi verso il suo destino da artigiana.
“Io amavo stare con mio padre” me lo dice con la sua voce calda e avvolgente, mi arriva l’intensità del suo amore di bambina. Luigi Grassi era un uomo di cultura, un creativo. Con il suo estro geniale contamina la vita e l’animo di Tiziana fin dall’infanzia. “Era il mio salvatore, la persona che riusciva sempre a stupirmi. Mi ha insegnato la classe, l’eleganza, il valore del gioco. Mi ha insegnato a sognare mirando in alto.”
Mentre parliamo, il telefono squilla di continuo e a stento riesco ad intervistarla. “Ospedale delle Bambole buonasera, sono il primario”. Tra un ricordo e l’altro posso entrare nei meccanismi del mestiere; Tiziana, con pazienza e professionalità, rispiega ogni volta la procedura per spedire le bambole a chi telefona da più lontano. La struttura funziona esattamente come un ospedale, le bambole, i giocattoli o qualunque oggetto che deve subire un intervento viene registrato sul quaderno dell’accettazione.
Le priorità sono i codici rossi, ovvero quelli che devono essere restituiti ai bambini che se ne separano a fatica. É un mestiere particolare, implica una grande attenzione all’emotività; è l’arte di chi si innamora delle piccole cose, di chi riesce a regalare sempre qualche parte di se stesso in ciò che fa, di chi valorizza il passato, le storie di vita, le radici proprie e altrui.
Di chi riconosce i sentimenti di un bambino, il ricordo di un nonno e ritrova la propria soddisfazione lavorativa in un sorriso o in un pianto, nelle emozioni di chi finalmente riprende tra le mani quell’oggetto d’amore. E quanto è facile correre il rischio di deludere un cliente, perché spesso il risultato richiesto deve corrispondere ad un’aspettativa emotiva, ad un ricordo. Smacchiare, riarticolare, ritoccare il colore, cucire i vestiti, restituire vita. La vita fatta di gioco e d’amore così come gliel’ha insegnata suo padre.
“Non avevo mai pensato di fare il mestiere di papà e lui mi ha ostacolata in ogni modo”. Tiziana ha cominciato a lavorare da ragazzina, la sua bellezza le consentiva di fare l’indossatrice, ma il talento della compravendita sviluppato ai fossati del Maschio Angioino, l’ha indotta quasi subito a diventare rappresentante per un’azienda d’abbigliamento che aveva sede a San Pasquale a Chiaia. E’ stata la “sensibilità alle cose”, la definisce così, che l’ha dirottata di nuovo a San Biagio dei Librai.
E’ stato l’amore per le piccole cose, gli oggetti antichi, per la propria cultura. Mi mostra uno spartito dell’800, s’intitola Serenata alla Bambola, l’ha comprato in un mercatino dell’usato qualche anno fa. Ne è entusiasta: “Prima o poi me lo devo far suonare”. E’ questa sensibilità che l’ha spinta a non demordere quando mise piede in bottega e Luigi le disse, testuali parole: “Tiziana non sai fare nulla, se vieni a lavorare qui non ti do neanche una lira”. L’artigianato è un’arte che difficilmente si svela, il metodo di lavoro utilizzato risale all’800 e intere generazioni custodiscono un’arte. Sono segreti da conquistare, nessuna eccezione.
Tiziana passava per varie botteghe, dal falegname al fabbro. Imparava a riconoscere i materiali, seguiva corsi di modellatura e decorazione. Qualche volta riusciva a rubare le bambole al padre, più spesso si dedicava ai presepini. E’ stato un percorso lungo, lento, impegnativo, quello che l’ha porta finalmente ad affiancare il padre, ad ottenere la sua fiducia ed iniziare una collaborazione durata tutta la vita. Un percorso che l’ha vista prendere le redini della bottega, crescere e accrescere l’attività dedicandosi allo studio e a continui aggiornamenti sull’artigianato a livello locale ed estero.
“L’artigianato è un’arte di pensiero, non può piegarsi alle leggi del mercato. Oggi è un mestiere morto. I prodotti italiani, quelli su cui posso svolgere il mio lavoro, stanno scomparendo dal mercato. Ormai è tutto Made in China, tutto di plastica, tutto uso e getta.” mi spiega, convinta e rassegnata, Tiziana, facendo una panoramica delle dinamiche produttive e di consumo che non lasciano spazio a speranze.
Si è persa la memoria, forse anche l’attaccamento al valore della vita che scorre e che noi possiamo trattenere ritrovandoci in quello che siamo stati, che sono state le persone che abbiamo amato e i momenti che abbiamo vissuto. “La ricchezza è dell’anima, me lo diceva sempre papà”. Nonostante le difficoltà non trascurabili, Tiziana mi dice che ogni sera torna a casa felice, serena.
D’altro canto aumentare la domanda di restauri, implicherebbe instillare il dubbio in una tendenza massificata che un prodotto vecchio e malandato, possa valere infinite volte di più di un oggetto nuovo e a buon mercato. Eppure basterebbe così poco, un po’ di sensibilità alle cose, per comprendere che una bambola che racconta la tua storia conserva un valore inestimabile perché é ineguagliabile sul mercato.
Dopo diversi anni Tiziana ha ritrovato una vecchia intervista rilasciata dal padre ad un quotidiano. Raccontava di un episodio d’infanzia, un ricordo, di quando da bambina giocando con il pallone in casa aveva rotto una zuppiera. In poco tempo, ricorrendo alla colla, aveva incollato tutti i pezzi di ceramica, svolgendo un lavoro minuzioso. “Non mi arrabbiai”, raccontò Luigi Grassi durante l’intervista, “perché in quel momento capii che il mio mestiere non sarebbe morto, lo avrebbe continuato Tiziana”.