Ascolto, azione e mobilitazione sono i tre fattori chiave del cambiamento. Un intervento che abbia un impatto è il risultato di un lavoro che richiede tempo e un ampio ventaglio di competenze, determinazione e capacità di relazione, quelle che messe in gioco con metodo e accompagnate da una visione, permettono di curare la società, una persona alla volta.

L’ascolto

L’ascolto è la prima fase del percorso che si ha l’opportunità di intraprendere all’interno del progetto di Emergency, Nessuno Escluso, nato a Milano a Marzo 2020, durante la pandemia.

La difficolta più grande in questo step è ottenere la fiducia necessaria affinché chi si rivolge al progetto per chiedere aiuto mostri fino in fondo le sue esigenze. C’è una grande diffidenza ad aprirsi verso qualunque forma di ente, soprattutto se istituzionale, e spesso entrano in gioco anche barriere culturali e linguistiche. È un lavoro da certosino quello richiesto per scivolare nella relazione e riuscire a far emergere le problematiche.

Si tratta di mancanza di opportunità lavorative, difficoltà a muoversi nel mondo del lavoro, bisogno di documenti o incapacità di interfacciassi alla burocrazia italiana Si chiede supporto anche per avere accesso all’istruzione, alle cure o alle prestazioni sociali a cui si ha diritto. Il grado di necessità viene poi definito in base ad una serie di parametri prestabiliti.

Di solito ad avere esigenze diversificate sono gli immigrati: arabi, peruviani, sudamericani, ora crescono i colombiani. Le famiglie italiane che si avvicinano al servizio si trovano in una fase di fragilità economica e sociale.

Chi si rivolge all’organizzazione diventa un beneficiario del progetto, di cui di solito viene a conoscenza grazie al supporto della rete territoriale che si è sviluppata in città attorno alla ONG costituita da associazioni del terzo settore, movimenti dal basso, enti sanitari e passaparola.

Vengono sondati tutti gli aspetti della situazione legale ed economica del beneficiario.Al di la della regolarità sul territorio, ossia del possesso di documenti o permesso di soggiorno, viene sondata la questione abitativa: la maggior parte delle persone vive in una condizione “disagiata” secondo le classificazioni ISTAT, una residua parte è occupante o sotto sfratto.

Si studia il nucleo famigliare, la situazione amministrativa, se i figli abbiano accesso all’istruzione e in caso contrario si supporta il processo di iscrizione. Si supportano le richieste dei permessi di soggiorno mettendo in contatto i beneficiari con la rete di associazioni dove possono essere seguiti gratuitamente da avvocati. Si offre supporto nel processo per l’iscrizione scolastica. In ambito lavorativo si procede con la stesura del curriculum, bilancio di competenze e poi si favorisce il contatto con un consulente del lavoro.

Il filo conduttore di tutte queste forme di intervento è diffondere consapevolezza dei propri diritti e accompagnare le persone ad esercitarli.

Con Nessuno Escluso il beneficiario ha prima di tutto la possibilità di ricevere un pacco alimentare. Un sostegno che in media ha la durata di otto mesi, commisurati sulla base delle esigenze del singolo.

La consegna del pacco rappresenta un momento di contatto ed è fondamentale per instaurare una relazione che consenta poi un intervento strutturato. Gli operatori di Emergency l’hanno compreso durante la pandemia, quando il progetto è nato per offrire un sostegno alimentare alle famiglie che non riuscivano a sostenere il momento di difficoltà economica.

L’iniziativa in quegli anni ha visto per la prima volta protagonisti indiscussi dell’organizzazione i volontari, che continuano ancora oggi ad essere il pilastro portante del progetto occupandosi della preparazione e distribuzione dei prodotti.

I pacchi alimentari

La preparazione dei pacchi comincia a Rho (MI) in via Risorgimento 60D.

La composizione e distribuzione dei pacchi segue le logiche di una catena produttiva: il meccanismo è stato studiato e sperimentato durante la pandemia in modo tale da preparare con la massima efficienza il maggior numero di pacchi possibile. O

Oggi mediamente se ne producono 1200 al giorno, mentre nel 2020 la media era 2000 arrivando talvolta anche ai 4000 pacchi, e l’operazione di composizione dei pacchi si svolge una volta ogni due settimane.

A lavoro almeno 30 volontari che danno forma ad una catena di montaggio studiata per riempire il più velocemente possibile le scatole.

I pacchi una volta chiusi vengono sistemati sui bancali e poi caricati sul furgone e va a rifornire i magazzini satellite. Ogni cesta ha un paniere studiato per soddisfare in maniera equilibrata il fabbisogno di una famiglia.

Nel 2020 i prodotti sono stati donati. Oggi è Emergency che ne acquista il 30 % sia attraverso finanziamenti pubblici ( Il Comune di Milano) che attraverso fondi privati dei donatori. La restante parti arriva attraverso i circuiti FEAD di Banco Alimentare.

Ci sono anche diverse aziende che contribuiscono sia rifornendo l’organizzazione con i propri prodotti, sia con altri tipi di supporto, come inviare i propri dipendenti a sperimentare una giornata di volontariato.

Il monitoraggio

La fase del monitoraggio è quella che accompagna il beneficiario all’azione: una delineate le strade per risolvere le problematiche bisogna guidare i beneficiari e supportarli nei percorsi personalizzati di autonomia , controllando che stiano procedendo secondo quanto programmato.

Sul mini van si utilizza un software che registra i dati di ogni beneficiario, profilandolo e stabilendo un piano di lavoro ad hoc, di cui è possibile vedere in ogni ambito la fase di progresso, per esempio se il beneficiario si sia effettivamente recato presso l’ente di riferimento, e verificare infine che il problema si sia risolto.

Emergency è un link che riaggancia i beneficiari alla rete territoriale di servizi di assistenza socio-sanitaria.

“Oltre all’ottenimento della fiducia, il monitoraggio è un momento estremamente delicato perché la maggior parte delle persone rischia di abbandonare il percorso” afferma Sara Cesario, operatrice sociale di Nessuno Escluso.

Ogni anno sul totale delle famiglie il 30% che si rivolge al progetto, poi abbandona il percorso.

Spesso non rispondono al telefono, non raggiungono gli obiettivi e a volte si perdono.

Questo d’altro canto non è un progetto educativo, non abbiamo tempo per poter spiegare ad una famiglia quanto una strategia di medio-lungo termine puo essere piu utile di quella di breve. Per esempio proponiamo di fare periodi di formazione per raggiungere lavori a tempo indeterminato, ma non riusciamo a fare una vera e propria educazione sulla questione, alcune persone ti abbandonano perché sono alla ricerca di una soluzione istantanea. Ci rendiamo conto che le persone non hanno la possibilità di dedicarsi a formazioni a tempo pieno, senza nel frattempo provvedere ad un reddito minimo per le necessità della famiglia. Per questo motivo cerchiamo di spingere le aziende a proporre formazioni retribuite e succede a volte che questa necessità sia compresa.” dichiara Marco Latrecchina, coordinatore del progetto.

“Milano è una città in grado di dare risposte dal punto di vista lavorativo, però questo non si traduce necessariamente in soluzioni ai problemi abitativi” afferma Marco Latrecchina. Questo ha un effetto diretto sulla possibilità di ottenere requisiti che servono ad accedere al welfare sociale, soprattutto la residenza.

Chi non ha la residenza è invisibile alle istituzioni.” prosegue Latrecchina e aggiunge: “Senza una residenza nel Comune inizia presto un circolo vizioso, non si ha accesso ad esenzioni, come quella della mensa scolastica o a bandi per ottenere agevolazioni come l’opportunità di accesso ad una casa popolare. Pagare il massimo per la retta significa non mandare i figli a scuola o contrarre un debito con il Comune, una volta contratto un debito con si finisce in una lista di debitori che preclude l’accesso ad altri sistemi di assistenza.”

Dai dati raccolti dall’ONG su 2000 famiglie circa la metà non ha una residenza. Più di 800 persone hanno chiesto aiuto per migliorare la situazione abitativa ed Emergency è riuscita ad aiutarne solo una piccola parte, per quanto riguarda invece la situazione lavorativa la quota delle persone che l’Associazione è riuscita a supportare positivamente sale quasi ad un terzo.

I parametri di monitoraggio sono direttamente proporzionati ai documenti di cui i beneficiari sono in possesso. Nonostante il supporto, la condizione senza una residenza continua a peggiorare.

A partire dal 1° gennaio 2022 gli operatori di Emergency hanno avuto in carico circa 8.000 persone, circa 2000 nuclei familiari.

Entrare in contatto con un vasto numero di persone, conoscerne le problematiche nei dettagli e monitorare il percorso nel tempo, consente all’organizzazione di raccogliere una vasta quantità di dati non semplici da reperire, spesso invisibili e sommersi. La base sulla quale parte il lavoro di mobilitazione presso le istituzioni.

La mobilitazione

Nella visione di Emergency l’obiettivo è l’autosufficienza dei beneficiari facilitandoli nell’accesso ai propri diritti. Nella direzione del raggiungimento di quest’obiettivo l’organizzazione cammina instaurando dialoghi e sinergie con attivisti, legali, giornalisti e associazioni in città e mostrando lo spessore delle problematiche sul territorio ai tavoli istituzionali.

Sono diversi i livelli istituzionali a cui l’organizzazione si può risolvere, dagli enti locali fino ai tavoli europei ed internazionali. La mobilitazione di Emergency presso il Comune di Milano ha l’obiettivo di far comprendere che le regole così applicate non consentono l’inserimento effettivo in società dei beneficiari ed ottenere che i non residenti abbiano accesso ad assistenza sociale come avviene per i residenti.

Questo modello per Emergency è nuovo, frutto di tanti esperimenti. È partito da poco anche a Napoli e le prossime aperture saranno a Marghera, Sassari e Ragusa. I luoghi sono scelti perché la ONG è già presente con Programma Italia, ossia con la parte sanitaria, quindi c’è contezza del territorio, si conoscono le esigenze.

Un progetto in espansione e in evoluzione continua e che riconosce parte dei traguardi raggiunti alla capacità di fare rete dal basso e al supporto dei volontari. Una rete di attori, dalle realtà informali di giovani attivisti, ai centri sociali di mutuo soccorso, fino a qualunque forma di supporto popolare non solo riescono a dare un supporto concreto nelle difficoltà, ma sono punti di riferimento e canali di fiducia.

Reti fatte da persone che salvano persone.

Massimo Malara

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Reportage fotografico e Photo Editing a cura di Alessandra Attianese

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