In tutta Europa l’opinione pubblica appare fortemente contraria a un aumento dell’immigrazione. L’argomento è sempre in cima alle preoccupazioni delle politiche pubbliche in Europa. Nel sondaggio Eurobarometro del 2006, ad esempio, l’immigrazione si è classificata al quarto posto in una lista di 14 temi socio-economici, percepiti come problematici, all’interno dell’UE, dopo disoccupazione, criminalità e congiuntura economica sfavorevole (Eurobarometro 66, 2006).


C’è un filo rosso, nemmeno tanto sottile, che lega la presenza di migranti su un territorio alle attitudini politiche della popolazione residente.

Diversi studi hanno mostrato come nelle zone in cui c’è un’alta percentuale di migranti rispetto alla popolazione residente vi sia una tendenza maggiore a votare per partiti di destra, che spesso si fanno carico di incanalare i sentimenti negativi dei residenti nei confronti dell’immigrazione, nonostante, stando agli studi, il fenomeno non sembri avere un impatto negativo sulle economie locali.


Gli elettori di molti Paesi europei – tra cui Austria, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Regno Unito – negli ultimi tempi hanno espresso un forte sostegno ai partiti politici populisti di estrema destra e di destra nelle recenti elezioni. Si tratta di un cambiamento degno di nota rispetto al periodo che va dagli anni ’70 fino alla metà degli anni ’80, quando quasi nessun partito di estrema destra otteneva più del 5% in un’elezione generale.


Sebbene i partiti di estrema destra siano piuttosto eterogenei, condividono alcune caratteristiche ideologiche. In particolare, tutti hanno programmi fortemente anti-immigrazione.

L’immigrazione è quindi un candidato naturale per spiegare il successo di tali partiti.

Come si alimenta questo sentimento negativo verso i migranti?

È lecito domandarsi quali siano le motivazioni principali che possano instillare un sentimento negativo nei residenti. Una caratteristica peculiare dell’immigrazione è quella di modificare la composizione della popolazione del Paese ricevente, imponendo potenziali esternalità, ovvero impatto, sulla popolazione esistente: cambia il modo in cui i governi, le municipalità o in generale le istituzioni presenti sul territorio decidono di distribuire le risorse; assistiamo a cambiamenti nelle spese fiscali, nelle politiche di redistribuzione e così via, cambiamenti che di solito spostano l’attenzione mediatica sul fenomeno dell’immigrazione – si pensi alla questione dei “35€ al giorno ai migranti” e ai “migranti negli alberghi di lusso”, che in Italia ha ottenuto una risonanza spropositata negli anni tra il 2017 e il 2018.

Le opinioni si polarizzano attorno a queste tematiche e si allarga lo spazio di manovra dei partiti.

Infine, il contesto socio-economico è una determinante fondamentale per comprendere quanto possano cambiare le preferenze politiche dei residenti: dagli studi risulta che gli effetti dell’immigrazione siano più forti quando la disoccupazione tra i nativi è elevata; dove la concorrenza sul mercato del lavoro tra nativi e immigrati è forte; dove i nativi sono altamente istruiti e dove ci sono molti figli di immigrati.

Nel complesso, l’idea è che gli autoctoni si preoccupino sia delle conseguenze negative sul mercato del lavoro che sulle esternalità negative dell’immigrazione sulle caratteristiche compositive, e che queste preoccupazioni siano importanti motori di sentimenti di anti-immigrazione e di sostegno ai partiti di destra.

Quanto all’Italia? Come si sono evolute le preferenze degli elettori nel corso degli anni, e come sono state influenzate dalla presenza più o meno massiva dei migranti sul territorio?

Gli effetti dell’immigrazione sul voto degli italiani

Le elezioni del 2001 e del 2008

Secondo uno studio le elezioni del 2001 ed del 2008 furono vinte dalla coalizione di centro-destra guidata da Silvio Berlusconi. Lo studio indaga l’impatto degli immigrati sulle scelte politiche dei nativi in occasione delle elezioni politiche nazionali, confrontando il modello di voto in circa 8.000 comuni diversamente esposti ai flussi migratori. Un aumento dell’1% della quota di immigrati in un comune comporta un aumento dell’1,26% della quota di voti alla coalizione di centro-destra. Lo stesso impatto non viene trovato per le grandi città, suggerendo che le dinamiche interne siano diverse in base alla grandezza del comune.

Le elezioni del 2018, la salita della Lega

Negli ultimi anni, come abbiamo potuto osservare nel precedente articolo ( lo trovi qui) , l’attenzione mediatica si è spostata sulla presenza di rifugiati sul territorio italiano, aumentata esponenzialmente a seguito dei conflitti in Siria nel 2014. La crisi dei rifugiati in Italia si è sovrapposta all’ascesa dei partiti populisti di destra con un chiaro programma anti-immigrazione. Il messaggio populista della Lega, in particolare, ha alimentato il sentimento nazionalista e nativista.

Dopo anni ai margini della politica italiana, la Lega è salita al potere nelle elezioni nazionali del 2018, unendosi al principale partito populista, il Movimento 5 Stelle. La differenza tra migranti e rifugiati non ha smussato le modifiche sostanziali negli schemi di voto degli italiani: che siano rifugiati o migranti economici, la percezione resta la stessa, plasmata dal dibattito politico e mediatico sul tema della migrazione.


Tuttavia, nonostante un cambiamento notevole nelle preferenze politiche italiane, la diversità nei sistemi di accoglienza gioca un ruolo fondamentale su come i residenti si relazionano verso l’altro, contribuendo a inasprire o a mitigare il sentimento anti-migratorio.

( studio di riferimento Barone et al. 2016)

I sistemi di accoglienza emergenziali

Nell’ultimo articolo abbiamo parlato di Sprar e CAS, e di come questi siano due sistemi di accoglienza pensati in modo diverso – uno che punta all’integrazione, l’altro puramente emergenziale.

La tipologia di accoglienza gioca un ruolo fondamentale, come vedremo, nelle attitudini sociali e nei comportamenti elettorali delle persone.

Dagli studi emerge che la presenza dei CAS in determinati comuni ha determinato un aumento di voti per i partiti di destra ed estrema destra rispetto alle municipalità che non hanno mai sperimentato la presenza di quei centri sul territorio.

Dopo aver dimostrato che la quota di richiedenti asilo assegnata è bilanciata rispetto alle caratteristiche locali dei differenti comuni, mostrano che un aumento di 1 p.p. della quota di rifugiati nel 2017, al culmine della crisi dei rifugiati, è correlato a un piccolo ma significativo aumento della quota di voti per i partiti anti-immigrazione. L’altro lato della medaglia è che in questi comuni assistiamo a un conseguente calo dei consensi sia per il principale partito populista che per il centro-sinistra.

Tuttavia, questo effetto è associato principalmente a un calo dell’affluenza alle urne nelle grandi città che ospitano i richiedenti asilo. Inoltre, nei comuni con una percentuale più alta di residenti con almeno un diploma di laurea, la presenza di richiedenti asilo riduce la quota di voti per i partiti anti-immigrazione e l’affluenza alle urne.


Le analisi supportano l’idea che la propaganda della destra radicale rafforzi le opinioni negative e divisive sulla presenza dei richiedenti asilo. Infatti, il sentimento anti-immigrazione per l’accoglienza dei rifugiati è più alto nei comuni in cui si è svolta propaganda di destra. L’effetto è maggiore quando la propaganda anti-immigrazione, misurata con i discorsi d’odio, è più dura.


Cosa succede se l’accoglienza, invece di essere emergenziale, si trasforma in inclusiva?

Cosa succede quando parliamo di un tipo di accoglienza volto all’integrazione dei rifugiati, con loro che iniziano a conoscere la realtà del territorio e con le persone che iniziano a conoscere i migranti e le loro storie?

Uno studio che si focalizza sulla presenza degli Sprar sul territorio invece che sui centri di accoglienza straordinaria ce lo mostra: gli Sprar, come abbiamo visto, sono pensati per favorire l’integrazione psicofisica dei migranti in un territorio che potrebbe facilmente diventargli ostile, senza i dovuti accorgimenti. Vengono avviati corsi di italiano, si preparano i rifugiati al lavoro in attesa di un permesso di soggiorno, si cerca di coinvolgerli in attività socialmente utili.


In primo luogo, si dimostra che ospitare rifugiati e richiedenti asilo attraverso un sistema di accoglienza gestito dai governi locali e che genera interazioni tra autoctoni e immigrati danneggia la performance elettorale dei partiti di estrema destra e anti-immigrazione
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I comuni che hanno aperto uno SPRAR nel periodo 2014-2018 hanno sperimentato una variazione delle quote di voto dei partiti di estrema destra inferiore. Queste evidenze suggeriscono che il coinvolgimento dei governi locali nella ridistribuzione geografica dei rifugiati e lo sviluppo di un sistema di ricollocamento ben integrato nel contesto locale può portare a una riduzione del pregiudizio verso i migranti.

L’effetto di un sistema di integrazione efficiente si propaga anche su altri aspetti della vita comunitaria nelle municipalità che ospitano gli Sprar; questi hanno un impatto positivo sull’apertura di scuole locali e sulla crescita della popolazione, in un paese dove il problema demografico è diventato preoccupante.

( studio di riferimento Campo, Giunti, Mendola 2021)

I risultati di questi studi suggeriscono che un modello di accoglienza basato su centri “temporanei”, senza la fornitura di adeguati servizi di integrazione, il coinvolgimento delle istituzioni locali nella loro gestione e un’adeguata campagna di informazione, può generare malcontento ed essere socialmente dannoso.

Nel complesso, le politiche di asilo dominate da strategie a breve termine non sono in grado di rispondere alle realtà sul campo. Gli sforzi per creare un consenso globale sulla migrazione sono troppo spesso ostacolati dalla richiesta di soluzioni rapide.

Sarebbe necessario elaborare politiche di accoglienza a lungo termine, più adatte a rispondere alle esigenze locali, a vantaggio sia dei nuovi arrivati che delle comunità che li accolgono.

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