Pigiama e spadino di legno

Prima di entrare in Accademia di Recitazione, bisogna superare tre fasi: nella prima, il candidato presenta un dialogo a propria scelta.

Ero giucator’ ‘e purtone, capitano difensore e terzino della squadra della Chiesa del paese, il Real Trinità. Ci si conosceva tutti tra noi ragazzi, anche solo di vista. Ero il classico soggetto, mi si derideva per il carattere, l’aspetto fisico. A volte, col motorino, mi si camminava di fianco a passo d’uomo, guardandomi dritto in faccia. Poi scappavano di corsa, ridendo.

È stata la morte di C. ad essere lo spartiacque della mia vita.

Ancora adesso sono convinto che sia stata vittima di cattive frequentazioni, ma io gettai benzina sul fuoco. L’avevo conosciuto a scuola guida, era buono, divertente. Una gara con un amico, correre lungo una variante che costeggia l’autostrada, lo schianta. contro un palo. Aveva diciotto anni.

Una mobilitazione emotiva scoppia in città, alla quale io partecipai armato di infantilismo e Facebook: in un post dove condividevo i sentimenti di cordoglio, sottolineai in ultima battuta come frequentare certa gente, poteva portare ad una brutta fine.

Ebbe inizio qualcosa che non avevo previsto, più grande di me: commenti di ogni genere cominciarono ad invadermi, chi si schierava con me e chi mi accusava di infangare la persona di C.; continue chiamate anonime.

Il giorno del funerale indossavano tutti magliette bianche con stampato il suo volto, la Chiesa ne era gremita. Io rintanato sul fondo, mi sentivo un nemico. Dopo il corteo funebre mi circondarono: una mezzaluna bianca con una faccia enorme in petto mi si schierò davanti. Uno di loro si avvicina.  

Mi disse che gli sembravo un bravo ragazzo, che sapeva frequentassi il liceo classico.

Tornando a casa, pervaso dalla gioia e l’umiliazione per averla scampata, incontro per strada uno di loro.

Dici ca si’ scemo!

Per un po’, mi insegue con questa cantilena.

E dici ca si’ scemo! E dici ca si’ scem! E dillo! E dici ca si’ scemo? Si’ scemo?

In qualche modo ripresi a camminare e lui, che forse non sapeva dirmi altro, si stancò e tornò indietro dalla ragazza che nel frattempo, aveva smollato sul motorino. Non ricordo altro.

La seconda fase, prevede la recitazione di un monologo.

All’età di dodici anni ho cominciato a recitare in Chiesa le classiche commedie di tradizione, e del cinema conoscevo questo, Natale ai Caraibi e Dragonball. Forse è stato un inconsapevole desiderio di andare oltre i miei limiti, a salvarmi.

Il monologo recitato, viene scelto dal candidato tra due assegnati dalla commissione interna.

Dalla morte di C. la mia vita s’è rimpicciolita alle mura della mia cameretta. Dopo aver fatto la rinuncia agli studi di Ingegneria, decisi di iscrivermi a Lettere Moderne, e questo comportava piccoli ma importanti spostamenti: vai alla stazione, prendi il treno, segui la lezione, torni in stazione, riprendi il treno, casa. Erano le uniche boccate d’aria che mi costringevo a prendere, perché il resto la mia giornata cominciò ad essere parecchio organizzata.

Divoravo tre o quattro film al giorno, passavo alla lettura di innumerevoli libri, a prosciugare tutto il tempo che avevo con Fellini, Scola, Moretti, Troisi, qualche francese e pure giapponese. Circondato da una bellezza incomprensibile, a finestre serrate, mi sentivo piccolo e senza armi, come un cavaliere munito di un pigiamino e uno spadino di legno, pronto a combattere i draghi.

Ho perso tutte le battaglie contro loro: c’è un piacere enorme nel confrontarsi con qualcosa più grande di te e perdere con ammirazione.

Lottavo contro i draghi e dimenticavo C., la mezzaluna bianca con l’enorme volto, dimenticavo l’umiliazione che nasce nella pancia, la vergogna dell’imputato, l’ignoranza altrui che strozza la gola e soffoca il volto. Ero libero, estremo ed isolato dentro me.

Com’è che mi sono aperto alla chiusura, non lo so. Ho ripreso a frequentare laboratori e corsi teatrali, quelli professionali, dove mi veniva detto di essere bravo, il più bravo. Quasi a farmi credere che, in qualche modo, potevo farcela.

Nella terza fase è previsto un periodo di permanenza nella scuola, dove il futuro allievo è messo alla prova con varie discipline.

Non avevo la minima idea di quanta ossessione avrebbe generato in me rincontrare il palco: il vero confronto con questo ha fatto immediatamente crollare convinzioni che s’erano fatte mie. La mezzaluna bianca riappare ed ora mi circonda tutto: è un’ombra che mangia ogni mio passo e chiede, dov’è la fiducia che credevi di aver guadagnato?

Ti stai vergognando perché non sei abbastanza?

Ti senti umiliato perché ti senti piccolo?

E dici, si’ scemo?

Se alla fine ritenuto idoneo, il candidato entra ufficialmente in Accademia.

Per tre anni, ventiquattro ore al giorno, ho singhiozzato nel mirino del costante giudizio. Se non era il mio sguardo era la mia voce, e se non era la mia voce era il mio corpo, non deforme, non conforme abbastanza. Erano le mie intenzioni, latenti o troppo vive. Era la composizione del mio essere che doveva essere costantemente distrutto e rimesso in asse.

C’è qualcuno che può riportarmi nella mia cameretta?

Ora è tutto molto sfocato, gli eventi sono tutti sedimentati ed attendo gli effetti collaterali. Avverto una paura che ancora non riconosco aleggiarmi attorno, sento brontolare la possibilità di creare disarmonia.

Ma ora appartengo a qualcosa di incontrovertibile: il teatro è impresso nella carne, e mi sta facendo conoscere la pazienza, l’ascolto, la compassione.

Una volta ho sognato uno dei ragazzi della mezzaluna bianca, sperando di ricevere il suo saluto, il suo perdono.

Chissà chissà che forse, non lo meriti io, il mio perdono.

Quarta fase: fare un passo avanti, uscire fuori, pure in pigiama e spadino di legno.

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