L’indice si trascina sul letto della tammorra, l’unghia gratta con gentilezza la superficie ruvida, il suono che ne esce intimidisce: è un ruggito pronto ad esplodere. Va avanti così per un po’, la tensione cresce come magma in ebollizione. Poi un colpo secco, un altro ancora, riecheggiano: il concerto è iniziato. 

Vesuvio.

La sala sembra avvolta da fumo, la mano batte la tammorra in un sincrono perfetto, il tocco leggiadro esce potente, il polso è abituato alla pesantezza dello strumento, che pure gira come mosso dal vento. Risuonano come arcaismi le parole della canzone sul nostro vulcano, gemente dal magma, la sua attesa imprigiona, costringe all’obbedienza.

Sulo ‘o ricordo ‘e te ce fa paura.

Napulitanata è un’associazione culturale che nasce nel 2015 e il suo obiettivo è quello di valorizzare la Canzone Napoletana Classica. Un’ex deposito di tassametri è ora, dopo innumerevoli sforzi, una meravigliosa sala da concerto in Galleria Principe, che nel corso degli anni ha visto più di 45 mila visitatori, risultando per Trip Advisor, tra il 10% dei migliori posti turistici al mondo.

Ad oggi è vincitore di un bando Europeo di scambio culturale con il Portogallo e Granada, Sea and You, e di un progetto regionale che vede una parte dell’archivio di Enrico Caruso, proveniente dall’ università di Baltimora, il Peabody Institute of John Hopkins University, e dall’Associazione Villa Caruso di Bellosgurado in Toscana, in mostra nella sala concerto per celebrare i cento cinquant’anni dalla nascita del grande tenore. 

Mimmo Matania, manager culturale e musicista, e il pianista, Pasquale Cirillo, sono i fondatori del progetto, di cui fanno parte musicisti e cantanti professionisti che almeno tre sere a settimana alternano il loro talento a servizio di concerti unici e rari che a descriverli, è un compito arduo. 

Qualsiasi combinazione di voci e strumenti dell’ensemble, apparentemente semplici, riesce a mettere in luce la bellezza intrinseca delle canzoni, celebrandone il significato senza sovraccaricarle di orpelli.

È come sentirsi a casa, dove l’atmosfera è intima e sicura, si è circondati da amici fidati e un buon bicchiere di vino. Ci si appropria di ricordi mai vissuti, che dipingono una Napoli più autentica perché più “povera”. 

Vesuvio, canzone dei Zezi Gruppo Operaio, non era un brano a me sconosciuto, ma la performance di Napulitanata, mi ha costretta per la prima volta a fermarmi e a pensare: in questa, il vulcano si spoglia del classico ornamento del golfo, divenendo simbolo di morte e distruzione.

La sua sola esistenza ha educato il popolo ad un determinato stile di vita, costantemente in bilico tra il rischio e l’inquietudine. Vesuvio e Musica, come pesi cadutici addosso senza il nostro consenso, ci hanno reso, in modi diversi, vittime. 

A casa la musica è sempre esistita” racconta Mimmo e prosegue: “In qualche modo l’ho sempre assorbita e subita, sono cresciuto adorandola. Mia nonna materna veniva tutti i pomeriggi a casa: lei cantava ed io l’accompagnavo suonando ad orecchio un pianoforte a muro. In fin dei conti Napulitanata esisteva già.

Il gioco della musica s’è poi fatto rumoroso, gorgogliava così tanto da volere imparare a leggerla. La passione, lo studio, anche quello universitario della Gestione dei Beni Culturali, acuisce una consapevolezza: la canzone classica napoletana è la sua terra, la sua lingua, le sue origini. E va preservata.

O meglio, musealizzata.

“Non intendo rinchiuderla in una teca, ma piuttosto ridarle vita e accessibilità. Si tende ancora spettacolarizzare un repertorio con alle spalle centotrenta anni di storia, storia che ha contribuito alla nascita dei valori della nostra società, e ce ne stiamo dimenticando. La Canzone Napoletana Classica non è uno show: continuare a rappresentarla come tale significa negarle la dignità che col tempo s’è meritata.” afferma Mimmo

Portare avanti questa visione è stato parte di un percorso graduale: l’entrata in una compagnia teatrale lo porta alla conoscenza dell’altra anima capostipite del progetto, il pianista Pasquale Cirillo, e“senza il suo entusiasmo e incoscienza tutto questo forse non sarebbe mai nato” mi confessa.

Da qualche anno, ha deciso di espandere l’attività ai tirocinanti e al servizio civile universale. Ad l’associazione rappresenta per un giovane l’occasione per rimisurare i propri orizzonti mentali e forse scoprirne di nuovi.

Valeria, ex volontaria ora assunta dall’associazione a tempo indeterminato, mi spiega che “ Essere parte del progetto è la perfetta coniugazione dell’oggettività e pragmaticità del mondo del lavoro, e la possibilità di continuare a sognare e vivere d’arte. Fare parte di tutto ciò mi rende orgogliosa.

È uso, a metà concerto, che Pasquale Cirillo intervenga con una sessione di piano solo: dita di ragno ballerine che zampettano da un tasto bianco al nero, presentano Intrecci, un lavoro di innesti tra classici della musica napoletana e internazionale.

Sono le prime note di Claire de lune di Debussy a far trattenere il fiato, c’è un concreto desiderio di vivere il momento. Le sole luci quelle delle candele in sala ed i lampioni ronzanti fuori; ed è allora che appoggiata alla porta di ingresso che dà sulla strada, mi rendo conto che il mio corpo è fisicamente scisso in due mondi: uno graziato dalla musica, l’altro condannato al deforme. 

La Galleria Principe in un lento ma costante degrado, crea una dicotomia assurda circonda l’area. Il Museo Archeologico di Napoli che fronteggia imponente i porticati, dove i locali, culturali e non, sopravvivono a stento tra mura cadenti, tetti sgocciolanti, strade soffocate dal fetore della sporcizia.

È abbandono totale alla miseria, per chi vive per terra e per chi lavora. Siamo vittime di un finto assistenzialismo, di un giro di spaccio che si consuma davanti ai nostri occhi, di pericoli e delinquenza che più si denunciano, più non vengono ascoltati. Non si tratta di politica, ma di buon senso, di giustizia che meritano loro e noi.  Un piccolo grande miracolo che tutto questo non stia incidendo sull’affluenza di pubblico” confessa Mimmo.

Le condizioni di Galleria Principe evidenziano in modo eloquente come la politica possa essere distante dalla realtà: le condizioni igieniche e psicologiche in cui vertono le persone che “abitano” i porticati della galleria sono incompatibili con quel minimo di dignità che dovrebbe accompagnare ogni esistenza umana e a cui tutti, indiscriminatamente, dovrebbero poter avere accesso.

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L’assistenzialismo delle associazioni, anche se spinte da buoni intenti, non fa altro che acuire un disagio incredibile: non sono queste le risposte efficaci. Sono le istituzioni a dover intervenire, rigenerando l’area e accompagnando chi verte in queste condizioni in un percorso di risanamento e integrazioni.

Si’ ‘o purgatorio ‘e tutt’ chesta ggente
Ca vive dinto ‘e barrache e vive ‘e stient’
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Nonostante la zona compromessa dal degrado, la tenacia di Napulitanata, è assimilabile alla potenza del Vesuvio. Il risultato di un impegno intenso focalizzato sull’integrazione di turismo sostenibile e local marketing.

Un azione che partendo dal locale, ha un impatto su scala globale. Attraverso un impegno nella rigenerazione urbana di una specifica area geografica, l’associazione attrae numerosi turisti, trasmettendo un ricco patrimonio culturale, fortemente identitario, a un pubblico estremamente diversificato.

Chi campa ‘nsieme a te, te pare niente

Si jesce pazz è pazz o veramente, canta Vesuvio.

Si assiste ad una curiosa deformazione corporea di chi canta e chi suona: si diventa un po’ gobbi, un po’ serpenteschi, gli occhi strabuzzano, le mani hanno vita propria, la bocca si allarga tanto da coprire tutta la faccia, si è pure un po’ sguaiati, ma mai, mai fuori posto.

È una trasformazione che colpisce tutti, anche chi per la prima volta si cimenta ad intonarla, rischiando così di riconoscere nella propria identità, una condizione dalla quale non si può più scappare: l’incontro profondo con la propria terra, il nervo scoperto del distacco e il costante richiamo al ritorno. 

L’unica verità

Pe’ tutte quante

Sarria chella ‘e fuì, conclude Vesuvio.

E se l’unica verità fosse quella di restare e prendersi cura di questa città? 

sala di musica napulitanata

Reportage fotografico a cura di Aldo Cicelyn

Photo Editing a cura di Alessandra Attianese

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